Utente:LucaLindholm/Sandbox/Principale

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Lista delle Pietre miliari dell'IEEE

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Questa è la lista ufficiale delle scoperte e invenzioni scientifiche (relative al campo elettrico ed elettronico) ufficialmente considerate come Pietre miliari dello IEEE[1]. Di seguito sono indicate le località dove le relative targhe commemorative delle Pietre miliari sono state poste:

Anno Autori Descrizione Città Stato Federazione
1751 Franklin, Benjamin Viene pubblicato il libro Experiments and Observations on Electricity Filadelfia Bandiera della Pennsylvania Pennsylvania Bandiera degli Stati Uniti USA
1757-1775 Franklin, Benjamin Aver diffuso le conoscenze e gli studi sull'elettricità per vent'anni a Londra. Londra Bandiera dell'Inghilterra Inghilterra Bandiera del Regno Unito UK
1799 Volta, Alessandro Invenzione della pila, la prima batteria elettrica. Essa fu la prima fonte continua di corrente. Como Bandiera dell'Italia Italia Bandiera dell'Unione europea UE
1804 Francisco Salva Campillo Presentazione del primo telegrafo elettrico Barcellona Bandiera della Spagna Spagna Bandiera dell'Unione europea UE
Tabella di supporto

NOTE DI SERVIZIO

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Si usa il template "Bandiera" con i codici del template "NAZ": Template:Naz/man/Codici.

  1. ^ (EN) IEEE, List of IEEE Milestones, su ethw.org.

Campo di concentramento di Auschwitz

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NUOVA VERSIONE

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Il campo di concentramento di Auschwitz (in tedesco Konzentrationslager Auschwitz, abbreviato KL Auschwitz[1] o anche KZ Auschwitz[2]) è stato un vasto complesso di oltre 40 campi di concentramento e di sterminio situato nelle vicinanze della cittadina polacca di Oświęcim (in tedesco chiamata Auschwitz).[3][4][5] Nel complesso vi trovarono la morte 1,1 milioni di persone su 1,3 milioni di prigionieri totali, rendendolo il principale luogo di avvenimento della Shoah, del Porrajmos, dello sterminio degli oppositori politici e di altre categorie ostili, oltre che dell'Olocausto in generale.

Attivo tra il giugno 1940 e il gennaio 1945, consisteva di 3 campi principali[6]:

Oltre ad essi vi erano altri 44 sotto-campi costruiti durante l'occupazione tedesca della Polonia in cui i deportati venivano utilizzati per lavorare nelle diverse industrie tedesche costruite nei dintorni.[7]

Il complesso, così come tutti gli altri campi nazisti, era gestito da un'apposita unità delle SS, le Unità testa di morto (SS-Totenkopfverbände), alle quali si aggiungevano le SS-Aufseherin (tra cui si distinsero le feroci Maria Mandl e Irma Grese). Diversi gruppi di ebrei e criminali comuni furono designati come funzionari del campo agli ordini delle SS, ricoprendo ruoli come quello di Kapo o formando i Sonderkommando, le "squadre speciali" incaricati di smaltire i corpi uccisi nelle camere a gas. Nel campo venne adottato un regolamento apposito in 14 regole e si sviluppò conseguentemente anche un apposito linguaggio, il lagersprache, venne utilizzata un'apposita valuta, una particolare Lagergeld, e un complesso sistema di simboli per l'identificazione visiva dei prigionieri. Dall'autunno del 1943 l'intero complesso fu dotato di appositi bordelli sessuali per i prigionieri, in modo da aumentarne la produttività.

Il complesso subì una trasformazione continua: operativo nella sua prima parte dal giugno 1940 con l'arrivo dei primi prigionieri, nei primi due anni servì principalmente per la detenzione e l'eliminazione dei polacchi. Dal 1942, dopo la definitiva delineazione dell'architettura della "soluzione finale della questione ebraica" da parte di Reinhard Heydrich con la collaborazione di Adolf Eichmann - a seguito della conferenza di Wannsee del gennaio di quell'anno - si passò a un piano di sistematico sterminio delle popolazioni giudicate 'nemiche' del Reich, con il primo "treno della morte" carico di ebrei arrivato al campo il 26 marzo 1942[8][9].

Dopo vari esperimenti e soluzioni di vario tipo, il 3 settembre 1941 si utilizzò per la prima volta lo Zyklon B, un potente pesticida, per la gassificazione sistematica di centinaia di deportati: il complesso ne ricevette complessivamente una ventina di tonnellate nei tre anni successivi, sotto forma di pellet che venivano buttati nelle camere a gas da apposite fessure sul tetto delle stesse. Le operazioni di sterminio giunsero al loro culmine nei mesi di aprile-giugno 1944, con la deportazione e l'uccisione di mezzo milione di ebrei ungheresi. Le operazioni di gassificazione furono condotte l'ultima volta il 30 ottobre 1944[10], poiché subito dopo Himmler ordinò di arrestare tutte le gassificazioni nel territorio del Reich per occultarne le prove, data la veloce avanzata alleata.[11]

La documentazione diretta delle attività del campo variano da diverse raccolte fotografiche (l'Auschwitz Album e le foto del Sonderkommando su tutte), da alcune testimonianze oculari particolari, libri e saggi scritti da sopravvissuti (come Primo Levi e il suo Se questo è un uomo) e altro ancora.

In previsione dell'arrivo delle truppe alleate presso il complesso, nel gennaio 1945 le truppe naziste mandarono la maggior parte della popolazione del comprensorio di Auschwitz, con le marce della morte, verso altri campi in Germania e Austria.[12][13] Il campo fu liberato dagli alleati il 27 gennaio 1945 alle otto del mattino[14], un giorno commemorato dal 2005 come Giorno della Memoria.[15][16] Nel 1947 il parlamento polacco lo trasformò in un memoriale-museo[17] (modificando poi anche il proprio nome ufficiale[18][19]), mentre nel 1979 il sito venne dichiarato patrimonio dell'umanità dell'UNESCO.[20] I responsabili dell'amministrazione del complesso furono giudicati in un apposito processo del 1947 e molti furono condannati a morte e impiccati nello stesso ormai ex-campo.

VECCHIA VERSIONE

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Il campo di concentramento di Auschwitz (in tedesco Konzentrationslager Auschwitz, abbreviato KL Auschwitz[1] o anche KZ Auschwitz[2]) è stato un vasto complesso di campi di concentramento e di sterminio situato nelle vicinanze della cittadina polacca di Oświęcim (in tedesco chiamata Auschwitz). Durante la seconda guerra mondiale, tra il 1940 e il 1944, vi furono sterminati più di un milione di prigionieri, in gran parte ebrei.[3] Oltre al campo originario, denominato Auschwitz I, durante il periodo dell'Olocausto nacquero diversi altri campi del complesso, tra cui il famigerato campo di sterminio di Birkenau (Auschwitz II), situato a Birkenau (in polacco Brzezinka), il campo di lavoro di Monowitz (Auschwitz III), situato a Monowitz, (in polacco Monowice),[6] e altri 45 sotto-campi costruiti durante l'occupazione tedesca della Polonia in cui i deportati venivano utilizzati per lavorare nelle diverse industrie tedesche costruite nei dintorni.[7]

Il complesso dei campi di Auschwitz, il più grande[4] mai realizzato dal nazismo, svolse un ruolo fondamentale nel progetto di "soluzione finale della questione ebraica" – eufemismo con il quale i nazisti indicarono lo sterminio degli ebrei (nel campo, tuttavia, trovarono la morte anche molte altre categorie di internati) – divenendo rapidamente il più efficiente centro di sterminio della Germania nazista. Auschwitz, nell'immaginario collettivo, è diventato il simbolo universale del lager, nonché sinonimo di "fabbrica della morte", realizzato nel cuore dell'Europa orientale del XX secolo.[5]

Mentre i soldati dell'Armata Rossa si avvicinavano ad Auschwitz nel gennaio del 1945, verso la fine della seconda guerra mondiale, le truppe naziste mandarono la maggior parte della popolazione del comprensorio di Auschwitz, con le marce della morte, verso altri campi in Germania e Austria.[12][13] Le truppe sovietiche liberarono il campo il 27 gennaio 1945 alle otto del mattino[14], un giorno commemorato dal 2005 come Giorno della Memoria.[15]

Nel 1947 il parlamento polacco deliberò la creazione di un memoriale-museo che comprese l'area di Auschwitz I e Auschwitz II.[17] Nel 1979 il sito venne dichiarato patrimonio dell'umanità dell'UNESCO.[20] La denominazione iniziale Auschwitz Concentration Camp è stata modificata in Memorial and Museum Auschwitz Birkenau - German Nazi Concentration and Extermination Camp.[18][19]

Ghetto di Theresienstadt

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[1]

  1. ^ a b (EN) KL Auschwitz-Birkenau, su auschwitz.org. URL consultato il 12 settembre 2018.
  2. ^ a b (DE) KZ Auschwitz Platz zum Morden, su spiegel.de. URL consultato il 12 settembre 2018.
  3. ^ a b Auschwitz, su Treccani. URL consultato il 30 novembre 2023.
  4. ^ a b (EN) Auschwitz, su encyclopedia.ushmm.org. URL consultato il 30 novembre 2023.
  5. ^ a b Auschwitz, la fabbrica della morte (video), su Rainews, 21 gennaio 2015. URL consultato il 30 novembre 2023.
  6. ^ a b I campi del complesso in auschwitz.org.
  7. ^ a b (EN) Auschwitz sub-camps, su auschwitz.org. URL consultato il 18 ottobre 2015. La lista dei 45 sottocampi dal sito ufficiale
  8. ^ (EN) First transport of Jews to Auschwitz was 997 young Slovak women and teens, su Times of Israel, 2 gennaio 2020.
  9. ^ (EN) We were joking before the trip, women from the first transport to Auschwitz recall, su spectator.sme.sk, 27 marzo 2017.
  10. ^ (EN) Franciszek Piper, Auschwitz, 1940–1945. Central Issues in the History of the Camp., vol. 3, 2000, pp. 173-174.
  11. ^ (EN) History / Auschwitz Calendar / 1944, su auschwitz.org.
  12. ^ a b Georges Bensoussan, La Shoah in 100 mappe, pag. 166 :«Partiti da Auschwitz il 18 e il 19 del gennaio successivo, 58.000 detenuti iniziarono una terribile "marcia della morte", disseminata di migliaia di caduti per assideramento, fame e esecuzioni sommarie», Gorizia, Leg edizioni, 2016, ISBN 978-88-6102-267-6.
  13. ^ a b Daniel Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, traduzione di Enrico Basaglia, Oscar storia, Arnoldo Mondadori Editore, 1997, p. 618, ISBN 88-04-44241-7.
  14. ^ a b John Erickson, The road to Berlin, Londra, Cassell, 2003, p. 472.
  15. ^ a b (ARENFRZHRU) 28th Special Session of the General Assembly, su un.org, Nazioni Unite, 24 gennaio 2005. URL consultato il 27 gennaio 2013 (archiviato dall'url originale il 12 ottobre 2006).
  16. ^ (EN) Special sessions - 28th session, su un.org.
  17. ^ a b (EN) Memorial timeline, su auschwitz.org. URL consultato il 27 ottobre 2015.
  18. ^ a b (EN) Decisions adopted at the 31st session of the world heritage committee (Christchurch, 2007) (PDF), su whc.unesco.org, UNESCO, p. 115. URL consultato il 27 ottobre 2015.
  19. ^ a b (EN) World Heritage Committee approves Auschwitz name change, su whc.unesco.org, UNESCO. URL consultato il 27 ottobre 2015.
  20. ^ a b (EN) Auschwitz Birkenau German Nazi Concentration and Extermination Camp (1940-1945), su whc.unesco.org, UNESCO. URL consultato il 18 ottobre 2015.