Bozza:San Pietro in Ciel d'Oro

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Disambiguazione – Se stai cercando l'omonima basilica, vedi Basilica di San Pietro in Ciel d'Oro.

San Pietro in Ciel d’Oro è un quartiere di edilizia residenziale di Pavia, situato nella parte centro-occidentale della città, che prende il nome dall'omonima basilica, in cui sono conservate le spoglie di sant'Agostino.

Il quartiere Ha un impianto quadrangolare irregolare che si estende per circa 116.359,73 m². È delimitato a nord da Viale Nazario Sauro, a sud-ovest da Viale Giacomo Matteotti e a sud-est da Viale XI Febbraio. È ben collegato al resto della città grazie alle linee 1,3, 3c,4,6,7,8,23,94,147,172,173 che si fermano in viale Giacomo Matteotti ed è vicino all’attrazione principale del Castello Visconteo e l’antistante Piazza Petrarca che ospita il mercato e la biblioteca civica Bonetta.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il quartiere ospita al suo interno diversi edifici. Sull’’affaccio di Viale Giacomo Matteotti vi sono concentrati diversi studi medici-architettonici e la Casa di riposo Pio Albergo Pertusati. All’incrocio con viale XI febbraio vi è Palazzo Devoti, la caserma militare, il palazzo dell’INCIS e la casa dell’IACP che fronteggia Porta Milano. La zona settentrionale è caratterizzata da una forte pendenza dovuta alla presenza delle Mura Spagnole. In essa, così come nell’area occidentale vi sono diversi studi giuridici-architettonici, parcheggi ed è concentrata la zona residenziale. L’interno è presieduto dalla Piazza San Pietro in Ciel d’Oro (che dà nome al quartiere) con l’omonima basilica e il convento dei padri agostiniani ad essa limitrofo. Sul lato opposto si ha invece il comando provinciale dei Carabinieri, procedendo poi in senso antiorario: la casa dell’INCIS, Casa Milani e casa Castelli. Ad oggi il quartiere risulta inoltre fornito di diversi servizi: sia di ristorazione che terziari.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il quartiere è stato oggetto alle modifiche imposte dal Nuovo Piano regolatore. Il concorso nazionale, indetto nel 1932 si riproponeva di: riordinare le viabilità; venir meno alla mancanza di strutture essenziali; risolvere i gravissimi problemi di igiene soprattutto lungo i quartieri vicini al Ticino (soggetti a inondazioni); risistemare il cattivo funzionamento del sistema fognario; conservare il centro storico e assolvere le nuove esigenze di trasformazione ed espansione dovute all’incremento demografico subito dopo la grande guerra. Il concorso, giudicato solo due anni più tardi nel 1934 vide al primo posto il piano regolatore (Motto Regisole n.38) dell’architetto Carlo Morandotti; al secondo posto l’ingegnere Carlo Alberto Sacchi e gli architetti Ferdinando Reggiori e Umberto Sabbioni con il Motto Papia Mirabilis 111; infine al terzo posto il Motto Caesar 1947 degli ingegneri Camillo Bianchi e Giuseppe Gazzaniga e dell’architetto Mario Bacciocchi.

In modo particolare il quartiere fu citato nel piano di ripristino e riqualifica Motto Papia Mirabilis 111 che prevedeva un approccio storicistico volto alla conservazione degli edifici (come il Duomo di Pavia, San Michele, e le absidi di San Pietro in Ciel d’Oro) da arbitrarie demolizioni e compromissioni.

Compare inoltre nel Piano Regolatore e d’ampliamento del 1938-1941 dell’UTC a cura dell’ingegnere Astori. Egli infatti, per volere del podestà prese il posto dell’architetto Morandotti (a seguito della sua rinuncia nel 1937 al piano Regisole n.38), e rifacendosi a un piano precedente del 1913 redatto dall’UTC prevedeva di sistemare due strade di accesso alle absidi di San Pietro in Ciel d’oro.

Mura Spagnole[modifica | modifica wikitesto]

Presenti lungo Viale Nazario Sauro, appartengono al complesso di mura difensive che interessa diverse vie del centro storico di Pavia (Piazza Emanuele Filiberto, Viale Gorizia, Piazzale di Porta Garibaldi, Viale della Resistenza, Viale Cesare Battisti). Su sovrapposizione delle mura di età medievale del XII secolo, risalgono al XV-XVI secolo e costituiscono la terza cerchia muraria di Pavia. Esse furono realizzate dall’architetto Giovanni Maria Olgiati su volere dell’allora governatore di Milano Ferdinando Gonzaga.

Sono fatte in terra e legno.

Porta Milano[modifica | modifica wikitesto]

Porta San Vito, nota comunemente come Porta Milano poiché costituisce uno dei collegamenti principali con la metropoli lombarda, è posta all’ingresso di Viale XI febbraio. Venne realizzata nel XII secolo in contemporanea alla terza cerchia muraria di Pavia dall’architetto Carlo Amati e Luigi Malaspina di Sannazzaro. Fu ricostruita più tardi nel 1818 su forme neoclassiche e resa agibile nel 1845 con l’allargamento e la sistemazione del fondo stradale (l’attuale Viale Nazario Sauro).

Il complesso è costituito da due torri in bugnato e due colonne bianche. Le torri di stile neoclassico sono costituite ciascuna da una statua alla sommità raffigurante una il Po e l’altra il Ticino e due inscrizioni volute dall’abate Siro Borda. Esse al livello della strada presentano aperture per il passaggio pedonale. Le colonne, poste ai lati del passaggio veicolare, presentano invece alla sommità due fari in bronzo con decorazioni di Giuseppe Marchesi.

Casa dell’IACP[modifica | modifica wikitesto]

L’Istituto Autonomo Case Popolari nel 1926 stabilì di realizzare un palazzo nei pressi di Porta Milano collegato direttamente alla basilica di San Pietro in Ciel d’Oro da una strada. Quest’ultima tuttavia rimase solo in fase progettuale, circa la casa dell’IACP venne invece avanzata una prima proposta nel 1929 di un edificio di tre piani con una superficie di circa 674,60 m². Prevedeva un prospetto con al piano inferiore uno zoccolo a bugnato, finestre incorniciate e un portale con colonne e timpano. Il primo piano delle finestre con lesene ad architrave a fasce, il secondo delle finestre con cornice mistilinea. Gli interni ed esterni vennero tuttavia criticati dalla Commissione edilizia ( “la facciata ha portale troppo misero e il bugnato del piano rialzato occorre sia modificato in corrispondenza dell’ architrave delle finestre, come usa in architettura.”).

Il secondo progetto del giugno del 1930 teneva conto delle critiche precedenti e mirava inoltre a differenziare la casa mediante decorazione dalle altre case operaie. I lavori iniziarono l’anno successivo nel Gennaio del 1931. La facciata è costituita al piano terra da un paramento murario in bugnato, mentre i piani nobili sono compresi tra le due fasce marcapiano poste alla sommità dell’edificio e al confine con il piano terra. Esse sono decorate con ovuli, dentelli e piccole ghirlande. Il corpo centrale aggettante è scandito da paraste scanalate sul fondo e presenta un ampio portale arcuato sovrastato da un balcone. L’ultimo piano è particolareggiato da una fila di finestre con colonne di ordine gigante e cornice ricca, mentre all’altezza del fastigio del tetto vi sono vasi e obelischi. Diversamente le ali laterali in corrispondenza del sottotetto hanno alle estremità due loggette architravate. L’unica modifica al progetto fu la sostituzione delle finestre ai margini del primo piano con due bovindi.

Palazzo dell’INCIS[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1930 Morandotti progettò un palazzo di quattro-cinque piani da affiancare a quello della IACP -di cui riprendeva anche la decorazione, evidente per esempio nella loggia manierista abbellita dagli stessi obelischi con la sfera alla sommità- con uno spazio intermedio da aprirsi verso la piazza di San Pietro in Ciel d’Oro. Il prospetto ad oggi ancora intatto ha un corpo centrale sporgente con il portone d’ingresso, un loggiato a tre archi e il balcone sovrastato da tre balconcini in marmo. I corpi laterali sono in bugnato fino al secondo piano. Quest’ultimo è caratterizzato da finestre a mezzanino. Il terzo piano ha invece cinque finestre, di cui solo due con un balcone e coronate da timpano.

Casa dell’INCIS[modifica | modifica wikitesto]

L’Istituto Nazionale Case per Impiegati Statali operò a Pavia tra il 1928 e il 1930 in particolar modo nell’area tra il Castello Visconteo e la Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, fino al ridosso del bastione delle Mura Spagnole. La costruzione di una casa in modo specifico comportò la demolizione del preesistente fabbricato tra Castello e la cosiddetta ‘cittadella’ che includeva la basilica.

Il progetto della Casa dell’INCIS presenta tre strutture di forma parallelepipeda di diversa altezza e profondità sviluppate su quattro piani tra la Piazza San Pietro in Ciel d’Oro e viale Nazario Sauro. Lo stile è tipico del Ventennio con accenni razionalisti. È costituita da paramenti lisci alternati a quelli in mattone e a quelli lisci in intonaco con motivi rinascimentali. I piani superiori hanno fasce scolpite a bassorilievi, colonne, riquadri e incorniciature delle finestre. La facciata con l’affaccio sulla basilica romanica presenta decorazioni in cotto e aperture insolite con cuspide orientaleggiante. Fu fortemente criticata dalla Sovrintendenza dell’arte medievale e moderna di Milano come “… di un’architettura infelice, anzi ridicola…” in offesa alla basilica romanica. Tale diatriba con l’INCIS si concluse grazie all’intervento del Comune che ordinò di porre degli alberi nella piazza per nascondere la casa “brutta e sgraziata” .

Basilica San Pietro in ciel d’Oro[modifica | modifica wikitesto]

Convento degli Agostinani[modifica | modifica wikitesto]

Palazzo Devoti[modifica | modifica wikitesto]

Prende nome dall’ing. Alfredo Devoti che lo progettò nel 1912. Fu soggetta a diverse critiche per l’uso di graticci in ferro e ghisa e la presenza di elementi architettonici novecenteschi all’epoca ancora inusuali per il gusto locale.

Ha pianta a V, il cui vertice costituisce l’entrata in risvolto posta all’incrocio di Giacomo Matteotti e viale XI febbraio. La facciata vede un’alternanza di fasce verticali bianche e grigie, con inoltre l’uso del grigio per le cornici delle finestre e le decorazioni. Queste ultime, realizzate in cemento sono tipiche dell’art nouveau evidenti nei mensoloni a sguancio, nei balconi (posti sopra il triplice motivo di archi a sesto ribassato),le lesene, le colonne sovrapposte. Si sviluppa in altitudine per quattro piani con l’ammezzato e il tetto mansardato. Il piano inferiore è dedicato ai servizi bancari e alla ristorazione, al contrario i piani nobili sono residenziali.

Via Griziotti e ad est da via Liutprando. 1937-1938

Architetto Carlo Alberto Sacchi

Casa Marchelli[modifica | modifica wikitesto]

Doveva avere un impianto a C irregolare che determinava una corte aperta verso la strada ed una distribuzione a ballatoio lungo i relativi tre lati. Una porzione di edificio è inclinata secondo la giacitura dello spazio d’ingresso alla piazza e sfrutta l’irregolarità con una scala a pianta triangolare.

Casa Castelli[modifica | modifica wikitesto]

Completa il vertice più acuto di un isolato triangolare che presenta soluzioni mutuate dal progetto di casa Lavezzari del 1934 di Terragni e Lingeri a Milano. Simili sono le soluzioni, lungo i lati principali, dei volumi aggettanti proseguiti da elementi orizzontali costituiti dai balconi; il lato minore risolto con una lieve concavità del prospetto. Segnato in mezzeria dall’aggetto dei balconi; il triangolo interno occupato dal vano scala e gli appartamenti distribuiti da lunghi corridoi.

Casa Milani[modifica | modifica wikitesto]

Essa nel 1911 risulta di proprietà di Attilio Bazzoni che realizza diversi lavori all’esterno e all’interno su forme di stile liberty e chiede al Comune il permesso di innalzare il primo piano. Tali iniziative vengono approvate nonostante siano mal viste perché considerate troppo innovative e dunque in contrasto con le forme antiche del centro storico. Ad oggi è nota come Casa Milani, in onore dello scrittore e fumettista Mino Milani che vi abitò fino alla morte nel 2022.

L’abitazione oggi ha funzione residenziale. Si struttura su tre piani, quello inferiore all’esterno è costituito da una zoccolatura divisa in due fasce uguali di colore nero e bianco e un bugnato liscio con una decorazione a linee a due a due trasversali. La fascia marcapiano separa i due piani nobili dal piano terra. La facciata gialla, è suddivisa in quattro parti: due più piccole riservate ai balconi e incorniciate da lesene di color rosso. Le finestre dei balconi del piano superiore presentano al loro interno delle colonnine a tutto tondo, mentre quelli inferiori ulteriori lesene. Lo stile liberty è evidente nei capitelli, nei triglifi, nelle protomi leonine, nelle lesene pensili e nella fascia decorativa a motivi floreali posta all’ultimo piano.

Casa di Riposo Pio Albergo Pertusati[modifica | modifica wikitesto]

Data di fondazione ignota. Nel 1812 la Congregazione di Carità acquista il caseggiato dell’ex convento dei Padri Riformati di Santa Croce, rinominandolo Opera Pia Pertusati per radunare i poveri e gli inabili della città. Essa venne insediata solo l’anno successivo. Nel 1833 ci fu un’importante ristrutturazione della facciata a levante e dei locali interni demolendo gran parte della chiesa di Santa Croce già da tempo sconsacrata e adibita a magazzino. Nel 1877 venne invece riformato il lato meridionale a cura dell’ingegnere Cristoforo Tensali. Il suo progetto prevedeva una facciata con ordito stilistico semplice, bugnato liscio al piano terra, finestre incorniciate, sottogronda a triglifi e due ali di ugual disegno architettonico mai realizzate, ma sostituite dall’Albergo Famiglia nel 1958 e dal Reparto Albergo nel 1972. Nel 1933 il perimetro della corte dell’antico monastero vede l’aggiunta di due nuovi padiglioni a cura dell’ingegnere Angelo Cazzani.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Pavia Moderna, Vittorio Prina pag.124-125-126
  • Pavia Materiali di storia urbana, il progetto edilizio 1840-1940 da pag.95 a 102; 158; da 253 a 255; pag.260

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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